Una delle sfide più affascinanti da affrontare quando ci si pone l’obiettivo di comprendere la comunicazione animale è entrare nell’ottica di rinunciare all’importanza delle parole per imparare ad apprezzare altri tipi di canali comunicativi.
Il linguaggio verbale (cioè quello fatto di parole, di frasi e di grammatiche più o meno complesse) è una caratteristica propria della specie umana ma non è l’unica via di comunicazione che la Natura ha messo a disposizione degli esseri viventi.
Formiche e farfalle comunicano diffondendo feromoni – molecole odorose che trasmettono informazioni -, in alcune specie di uccelli la qualità o la colorazione del piumaggio segnalano la disponibilità alla riproduzione, i mammiferi terrestri comunicano molti dei loro stati d’animo attraverso le distanze reciproche, le posture assunte ma anche attraverso espressioni facciali e precise posizioni delle orecchie, dello sguardo, della bocca, ecc.
Come alcuni insetti, anche i gatti comunicano attraverso i ferormoni che depositano nell’ambiente strusciandosi contro oggetti animati o meno, graffiando superfici, depositando urina e persino feci.
Ogni specie ha il proprio “vocabolario” di prossemiche, posture ed espressioni, ovvero ogni specie ha sviluppato – lungo l’evoluzione – l’utilizzo di certi segnali per comunicare qualcosa in quella che viene definita “comunicazione non-verbale”. Ecco allora che un cane scodinzolante è spesso assimilabile ad uno stato di felicità, mentre un gatto di solito agita la coda, sferzandola a destra e a sinistra, quando è nervoso e irritabile.
Il gesto di “agitare la coda” non ha un significato assoluto di per sé, non significa per tutte le specie caudate “sono contento” ma assume una certa interpretazione solo in relazione alla specie che stiamo osservando e al contesto in cui si esprime (i cavalli la agitano anche per allontanare le mosche dalla loro groppa!). Sebbene il repertorio comunicativo felino sia ampio e complesso, è possibile fare riferimento ad alcune indicazioni di massima.
Un gatto che approccia una persona con la coda alta e perpendicolare rispetto la colonna vertebrale, in genere segnala buona disponibilità all’incontro.
Se la coda è in mezzo alle gambe, invece, il micio sta segnalando un enorme livello di paura e di insicurezza! In questi casi, la cosa migliore sarebbe allontanare la fonte del pericolo e se la sua fonte siamo noi, bhe… il micio ci sta dicendo che di noi ha molta paura per cui e’ inutile insistere nel tentativo di approcciarlo. Un gatto che agita nervosamente la coda a destra e a sinistra con movimenti scattosi potrebbe essere nel pieno della sua eccitazione predatoria (magari ha appena intravisto un topo fare capolino) oppure potrebbe semplicemente segnalarci la sua poca disponibilità ad interagire in quel momento.
Un gatto immobile su un muretto o lungo la strada che esponga il fianco, tenga le orecchie laterali sulla testa, il pelo gonfio e i denti in evidenza attraverso soffi e ringhi, sta chiedendo “non avvicinarti, potrei reagire male”: questa è la classica postura che i gatti esibiscono per tenere a distanza un cane incontrato per strada.
In linea generale, uno stato di ansia e/o di paura è riconoscibile dal fatto che il micio resta rannicchiato su se stesso, magari immobile, la coda ben attaccata al corpo e le orecchie disposte sui due lati della testa. Un gatto a proprio agio, invece, lo si riconosce dal corpo steso morbidamente su un fianco, zampe e coda rilassati e occhi che si aprono e si chiudono dolcemente come a dire “sono sereno in tua presenza”.
Il pelo irto, gonfio, lungo tutto il corpo, oppure lungo la spina dorsale oppure solo lungo la coda, indicare che il micio sta vivendo delle emozioni molto intense. Per esempio, sta provando un’intensa paura dovuta all’incontro con un cane oppure un intenso piacere dovuto a dei grattini ricevuti sotto il mento. Le fusa vengono viste come la comunicazione verbale dei gatti per eccellenza e, generalmente, sono associate ad un senso di soddisfazione personale ma è ormai acclarato che anche gatti molto debilitati e prostrati possono fare le fusa “a se stessi” per auto-rassicurarsi. Anche i miagolii – così come i richiami sessuali a toni alti – fanno parte della comunicazione verbale dei gatti e studi recenti hanno dimostrato che quanto un gatto miagoli, per quali motivi e con quale frequenza dipende dalla relazione con il loro umano. Essi imparano a modulare il miagolio, cioè, sulla base delle risposte ottenute da chi vive con loro.
Anche le orecchie possono dare una buona indicazione di come il gatto si sente.
Posto che il loro lavoro di monitoraggio dell’ambiente è costante e frenetico, orecchie ben aperte, puntate in avanti e posizionate alte sulla testa indicano un gatto attento e curioso. Un gatto irritato, invece, lo si riconosce dalle orecchie tese e rivolte all’indietro contrariamente ad un gatto spaventato che, invece, le appiattisce sui lati arrivando persino a farle “scomparire” dietro la testa.
Altri “vocaboli” da non sottovalutare sono l’esibizione dei denti, magari in concomitanza con un soffio, la presenza del ringhio o addirittura lo sputo: queste sono tutte “dichiarazioni” di minaccia che, soprattutto se unite allo sguardo fisso e diretto, potrebbero concretizzarsi di un’unghiata repentina.
Tutte queste, tuttavia, sono solo indicazioni di massima: per comprendere il linguaggio felino è importante riconoscere tutti i segnali emessi dal micio, metterli in relazione tra loro e con il contesto in cui vengono espressi non dimenticando che sono animali ricchi in personalità e sfumature del carattere al punto da rendere la comunicazione con ognuno di essi un insieme di codici e piccole abitudini quotidiane unici ed irripetibili.
Sonia Campa
Consulente per la relazione uomo-animale
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